venerdì 30 luglio 2010

Sahara, Oujda e...la festa del re.

Sono stato nel deserto tre giorni. Non era mia intenzione andarci, temevo il caldo. Poi invece le cose sono andate diversamente.

Da Ouarzazate parte una strada molto bella che porta a Mhamid, l'ultimo paese prima del deserto. Ero indeciso però se farla o meno perché una volta arrivato in fondo, si deve per forza tornare indietro per la stessa strada. 250 km andare e 250 tornare e non avevo voglia di fare avanti e indietro.

La sera a Ouarzazate, incontro un tuareg che mentre aspetta che passi gente come me, si gode il casino che fanno i matrimoni da quelle parti. Parliamo, mi offre un thè e mi propone un tour per il Sahara con la sua agenzia. L'idea subito non mi piace, poi però gli propongo che invece che con la Jeep sarei andato con la moto, fin dove si puo' arrivare naturalmente, e così avrei avuto anche la possibilità di fare la strada che volevo fare. La mattina dopo parto.

Per la strada che da Ouarzazate porta a Mhamid passo per Zagora. Mi si affianca un ragazzo con la tuta da meccanico e mi indica sul suo motorino un adesivo BMW e mi invita a visitare la sua officina. L'officina è pazzesca: tappezzata interamente di foto ricordo di persone che sono passate per di lì e di adesivi di tour per il Sahara, saranno state migliaia. Mi indica quali sono gli italiani nelle foto, le BMW che son passate per di lì, gli adesivi dei tour italiani e poi naturalmente ci facciamo una foto tutti assieme, mi appiccica un adesivo dell'officina sulle borse, mi chiede se ho bisogno di niente e mi controlla pressione gomme e filtro dell'aria. Un ragazzo con una passione per il proprio lavoro che ho visto poche volte.
Nel deserto rimango più del previsto e rischio di arrivare a Oujda nel fine settimana e di trovare il Consolato di Algeria chiuso. Non approfitto oltre dell'ospitalità di Ahmed (il ragazzo in moto con me) e pieno di sabbia del deserto faccio i salti mortali per arrivare a Oujda giovedì sera e presentarmi in Consolato venerdì mattina. Macino chilometri su chilometri. Faccio due tappe da più di 500 km e arrivo stanchissimo giovedì sera a Oujda. Stamattina mi presento in Consolato d'Algeria...ma oggi è la festa del re mi dicono e in Marocco è tutto chiuso...

domenica 25 luglio 2010

Nonostante le incertezze sull'Algeria, continuo.

Sidi Ifni è un baluardo sul mare dai colori azzurro e bianco, dai muri scrostati e dalla vernice data e ridata sopra. Al tramonto le persone si fermano e guardano il tramonto. Bevo il caffè in bar con le mosche che ti girano attorno e che ti tormentano ma a cui nessuno sembra farci caso e guardo Al Jazeira alla Tv, come tutti, assieme agli altri.

Riparto per risalire dall'interno nel periodo più sbagliato dell'anno e quando arrivo a Tata, il termometro della farmacia segna 56 gradi. Ci credo. Mi fermo e decido che così non si può fare. Conosco Issam, un ragazzo del posto che ha la famiglia che vive nel deserto. Gli spiego la mia situazione per il visto per l'Algeria. La capisce, ci pensa, riflette e alla fine mi dice rassegnato:non puoi entrare, é impossibile.

Il giorno dopo vado per le montagne e la temperatura è affrontabile, piacevole, fresca a volte. Strade piene di curve, che non si guidano, si dipingono. Una giornata coperta, con poco sole. Da un lato della strada ci sono le palme e dall'altra i pini. Attraverso oasi verdi e villaggi marroni su una strada sporca di sabbia rossa e sembra che tutto sia perfetto.

Poi penso che il Marocco è il mio cul de sac. Vorrei arrivare a Ojuda martedì sera e chiarire in Ambasciata Algerina la mia posizione. A questo punto mi dispiacerebbe ritornare in Europa dopo quello che ho fatto fin'ora, con gli occhi e il cuore ancora pieni di tutto questo. Me lo merito di poter attraversare l'Algeria. Vediamo. Al momento sembrano non esserci speranze e il piano B suona un po' come bhò!

mercoledì 21 luglio 2010

Il vento di Essaouira e arrivo a Sidi Ifni

A Essaouira c'è un vento fortissimo che soffia sempre dalla stessa direzione e che non si sa come prendere. Porta sabbia addosso, riempie i capelli che diventano impenetrabili alle mani, ti sposta quando cammini e hai sempre gli occhi socchiusi. Ho passato due notti in campeggio, dopo un po' che non montavo la tenda. Meno di sette euro per due notti, bagni con l'acqua che si tira a secchiate e doccia tiepida.
Martedì 20 riprendo a scendere e penso che scendere è una continua riflessione sulle proprie possibilità e sulle proprie capacità. Il piano A come Algeria procede lento, pericoloso, stimolante, ma apparentemente impenetrabile. A come Agadir, che passo e non mi fermo che non ho voglia di centri abitati, affollamenti, traffico, macchine e clacson. Ho voglia di guidare, far strada, fermarmi quando vedo un bel paesaggio o che ho male al culo.
Passo anche Tiznit e ritorno sulla costa. Fa freddo e non c'è il sole. Il cielo è coperto, non è una bella giornata. Arrivo a Sidi Ifni, il colore della strada sulla carta non è più giallo ma bianco. Mi fermo, trovo un alberghetto sul mare a meno di otto euro a notte e in tutta questa strada ho iniziato a pensare al piano B...

lunedì 19 luglio 2010

Tra Marocco e Algeria c'è di mezzo il mare


L'idea che mi sta girando per la testa da un po' di tempo, è di scendere per il Marocco finchè posso e finchè si può (ora sono a Essaouira) e poi risalire per l'interno: montagne/deserto e attraversare il confine con l'Algeria da Oujda. Poi attraversare l'Algeria lungo la costa e arrivare in Tunisia.

Da viaggiatore disorganizzato ma volenteroso quale sono, vengo a sapere che:
1 – per entrare in Algeria ci vuole il visto (ho telefonato oggi in Ambasciata algerina a Roma e mi hanno detto che può essere rilasciato solo a Milano, per me che sono italiano, ma d`informarmi in Ambasciata algerina in Marocco).
2 – che le frontiere via terra tra il Marocco e l'Algeria sono chiuse dal 1994. I due Paesi, scopro, non si vogliono tanto bene, discorsi di riconoscimenti territoriali e per via del Sahara dell'ovest.

Quando son partito non sapevo che sarei finito in Marocco e tantomeno in Algeria (se mai ci andrò) e quindi ora mi trovo in queste situazioni che al momento, appunto, non so come risolvere.

Se qualcuno di voi ha qualche idea, qualche consiglio, qualche contatto, qualche amico, qualche suggerimento, qualsiasi cosa, per me sarebbe molto importante. Oppure il nome di qualche agenzia che ha a che fare con l'Algeria (tipo Viaggi Avventure nel Mondo). Ma anche informazioni più dettagliate perche'  quelle che ho trovato sono un po' in tutte le salse:
- sembra che l'Algeria non si possa attraversare, ma che bisogna entrare e uscire sempre dallo stesso confine.
- che se non hai una guida locale non ci si può muovere.

Grazie di cuore a tutti coloro che mi daranno una mano e a quelli che mi hanno gia' dato degli ottimi consigli.

Vi lascio con delle foto sul tragitto Casablanca-Essaouira

venerdì 16 luglio 2010

La linea di confine

Teorizzo sull'esistenza di una linea di confine tra il divenire parte integrante di una realtà nuova e il rimanerne invece estraneo (o non totalmente inserito). Una linea di confine che prima si sta da una parte e poi dall'altra, tra un'integrazione ed un'esclusione. La linea di confine è mentale, ma necessariamente fisica...
Io, ho individuato la linea di confine in una scarica di diarrea.
Lo scavalcamento della linea di confine può durare anche dei giorni... e parecchi chilometri. Da Rabat a Casablanca passando per Khouribga...

Parto da Rabat a denti stretti che ancora non ho capito se ho già scavalcato del tutto ma comincio già a sentirmi meglio: più inserito nel mondo, nel contesto e nella realtà marocchina. Mi dirigo a Khouribga per incontrare l'amico Mohamed che è alla 13ème édition du Festival de cinéma africain de Khouribga. Sono felicissimo di incontrarlo e nel vederlo molto impegnato per i suoi progetti futuri. Riesco anche a vedere il film marocchino Destins croisés.

Riparto il giorno dopo, giovedì 15 per Casablanca. Sono sicuro, ho attraversato il confine con successo. Arrivato a Casablanca mi muovo con destrezza...ma penso anche che è la città più occidentale che ho incontrato fin'ora in Marocco e quindi rimango con gli occhi aperti, forse la linea di confine non è così lontana alle mie spalle.

Un breve video per aver appena attraversato il confine e quindi con una nuova attenzione e sensibilità per le immagini.

domenica 11 luglio 2010

MaroFes

Arrivo a Fes dopo una giornata di caldo che non ne avevo mai vissuta una uguale in vita mia e dopo 330 Km vorrei tanto mettermi alla ricerca di un posto per dormire, farmi una doccia, riposarmi un po'. Saranno le sei ora locale e c'è un traffico che solo chi ha visto il traffico in una città del Marocco può capire. Non si capisce niente.
Mi si affianca, a destra manco a dirlo, un tipo in motorino. Vedo che ha una mano sola quando, guardandomi sorridendo, mi alza il braccio e capisco, anzi, ne sono sicuro: mi sta facendo il segno dell'ok. Al semaforo mi chiede, in italiano, se sto cercando un alloggio con garage. Ha capito tutto. Seguimi mi dice. E come no, in mezzo a sto bordello è arrivato l'angeletto monco che sto aspettando perchè non c'é altro modo di venirne fuori...

C'è da dire che sono partito per il Marocco totalmente disorganizzato. Certo, Roberto Belvedere del BMW club di Vicenza mi ha gentilmente fornito la sua Road-Map, ma è la dimensione del viaggio che è totalmente cambiata.
Ecco, se fin'ora ho potuto improvvisare, ora la pacchia è finita e inizia il divertimento vero e proprio. La sera devo pianificare la strada del giorno dopo, altro che quando sono stanco mi fermo. Qui è un'altra cosa e l'ho capito subito.

Il Marocco non è immediato, bisogna avere il tempo per capirlo, anche a fotografarlo e a filmarlo ancora non so come fare. Le foto qui sotto, non dicono molto. Ma come faccio, mi chiedo a Fes, a fotografare nel quotidiano le persone, non ci riesco, non sono pronto a farlo e non so se ci riuscirò, non le vedo come attrazioni, mi incuriosiscono tantissimo, mi affascinano, eppure non riesco a fotografarle. Oppure ancora, come faccio a fotografare quei bimbi che quando mi vedono attraversare strade come quelle qui sotto, da lontano, mentre sono nei campi, prima mi guardano con curiosità e poi mi salutano con la mano, oppure sono io a farlo per primo e loro ricambiano come se aspettassero il mio gesto? E in quei momenti, lo confesso, mi riempio di gioia.
Le persone sono fantastiche, mi aiutano sempre, mi danno una mano ed è forse anche un po' il viaggiatore solitario che comunica simpatia, non lo so. Vorrei tanto farvi vedere di più, ma ancora non lo so fare. (Ho un sacco di materiale video arretrato che non so quando monterò).

P.S. Pensavo sotto al casco mentre guidavo: il viaggio in solitaria è cosa da gentiluomini (e io lo sono).

martedì 6 luglio 2010

Colpi di coda a Lisboa

Sabato sera sono riuscito a perdere il telefono. Stavamo al Clube Ferroviario e ad un certo punto non mi son più ritrovato in tasca il cellulare. E' da due giorni che lo sto cercando perchè son convinto che mi sia caduto a terra e che poi qualcuno lo abbia riconsegnato perchè non posso credere che mi sia stato rubato un telefono buono solo come fermacarte. Purtroppo il locale lunedì e martedì rimane chiuso, son riuscito a rintracciare il numero di telefono di uno dei proprietari, ma per ora niente da fare. Come suggerisce il buon Paolo dovrei oramai "dargliela su".
Oggi è martedì e c'è la Feira de Ladrões nel quartiere di Alfama, proprio dove abitano Paolo e Carine e neanche tanto distante dal Clube Ferroviario. Così mi son messo a guardare con una certa curiosità e particolare attenzione le centinaia e centinaia di telefoni usati ammucchiati in esposizione nelle varie "bancarelle". Vi confesso che mentre guardavo questi reperti, da un lato speravo di vedere il mio cellulare sbeccato che spuntava tra gli altri orfani, dall'altro mi rendevo sempre più conto che non l'avrei mai più ritrovato. E così infatti è stato. Domani riparto per il sud della Spagna, penso Tarifa, per montare giovedì su un traghetto per il Marocco. Per il telefono non so ancora come farò...(spero ancora di ritrovare il mio, ci credete?). Carine mi ha messo a disposizione un telefono rosso come quello che usano Batman e il Commissario Gordon.

Domenica siamo stati a Redondo, a 180 Km a est di Lisbona. Paesaggi brulli, bruciati dal sole, un caldo porco ma una situazione fantastica. Con l'orto, i gatti, una bella compagnia e dove mi scopro cuoco di sardine. La macchina di Paolo ha sofferto più di tutti il caldo che è arrivato improvviso e torrido. Ma è anche estramente piacevole godersi l'immobilità all'ombra quando tutto tace e niente si muove nelle ore più calde del giorno. Ho riletto "Meriggiare pallido e assorto" di Eugenio Montale quando son ritornato a Lisbona.


P.S. il prossimo video vi assicuro che sarà molto più virile...

venerdì 2 luglio 2010

Oggi è un mese, grazie a tutti.

Oggi è giusto un mese che son partito per questo viaggio in moto. Con questo post desidero ringraziare tutti. Tutti coloro che mi hanno aiutato, consigliato, ospitato, scritto in pubblico e privato commentando i post. Tutti coloro che mi hanno sostenuto e incoraggiato. Di tutto questo avrò bisogno da ora in poi più che mai, visto che con Lisbona si chiude la prima fase del viaggio. Dalla settimana prossima partirò per il Marocco e in molti mi hanno già dato un aiuto...

Quando ho iniziato a pensare al Marocco, ho scritto a Mohamed per dirglielo e lui mi ha risposto con questa mail che pubblico con grande umiltà e che mi ha fatto un grande piacere:
"...Sono molto contento che tu abbia preso una aspettativa e sei andato in giro per farti i cazzi tuoi o almeno quello che ti piace fare. Sai che mi vieni in mente alla luce di questa storia? Emile Cioran, il Nietzsche del 20 emo secolo, un filosofo rumeno che ha vissuto per parecchi anni a Berlino e poi a Parigi dove è morto nel 1995. Cioran è andato a Berlino con una borsa di studio per scrivere una tesi su
Bergson. Intascata la prima tranche della borsa, Cioran si compra una bicicletta e fa il giro dell'Europa. Dopo mesi, squattrinato, torna a Berlino e il caso volle che Cioran si imbatte con il suo professore alla porta della mensa. Il professore lo conduce gentilmente lungo un corridoio e gli chiede della sua tesi. "Professore, ho fatto una cosa più importante della tesi, ho fatto il giro d'Europa in bicicletta" Il prof lo guarda stupito, poi si riprende e con tanto entusiasmo gli dice: "passa nel pomeriggio, ti rinnovo la borsa di studio"...
Questa qui sopra non è una torta di compleanno, ma il contachilometri in piena operazione a cuore aperto. L'operazione è riuscita, non alla perfezione, ma è riuscita: ha ripreso a girare anche se con una leggera discrepanza tra il conteggio dei chilometri parziali e quello dei chilometri totali. Alla prima occasione, una seconda operazione aggiusterà tutto... magari in terra africana.

GRAZIE A TUTTI

giovedì 1 luglio 2010

Il barbiere di Lisboa

Mentre sto passeggiando per le rilassanti quanto ripide strade di Lisbona, mi soffermo a guardare i prodotti stinti dal sole esposti nella vetrina di un barbiere. Sono lozioni fuori moda da tempo, sicuramente fuori uso dal tempo. Spio con curiosità all'interno e ci sono due anziani signori in camice con doppio petto azzurro che leggono il giornale. Non sono seduti sulle poltroncine per i clienti, ma su quelle dietro, quelle per l'attesa del proprio turno. Non c'è nessun cliente. Entro, saluto, mi porto una mano sulla faccia e indico la barba, indico che mi voglio tagliare la barba. Il primo mi guarda e mi manda dal collega al suo fianco e riprende a leggere il giornale. Il suo collega si alza, si avvicina alla poltrona, me la gira per farmi accomodare e poi mi accomoda tutto quanto: camice attorno al collo, bavaglio ben chiuso, mi regola l'inclinazione del poggiatesta...
C'era una lentezza nei suoi movimenti che all'inizio mi agitava, lo guardavo con curiosità, ammiravo l'esperienza dell'atteggiamento, ero rilassato ma non a mio agio. Poi ha iniziato a insaponarmi il viso con il pennello e ho rivolto lo sguardo al soffitto e mi son messo a fissare le pale del ventilatore mentre con delicatezza mi scioglieva con tonde pennellate bianche.
Non ha affilato la lama del rasoio sulla striscia di cuoio come mi sarei aspettato e come avrei voluto, ma quando ho sentito quel rumore di barba che si taglia ho capito che era un momento che aspettavo da tutta la vita. Le pale del ventilatore giravano, ero al sicuro mentre la radio dava "sound of silence", lo giuro. Poi ho chiuso gli occhi. La canzone dopo era di Nicola di Bari e ancora morbido di rasoio delicato. Poi lozione che brucia ma che fa la sensazione di star bene e schiaffetti sulle guance di ben servito. Era la prima volta che mi facevo radere da un barbiere, ma lo avevo sempre sognato.